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Pagina:La guerra del vespro siciliano.djvu/86

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70 la guerra [1266-82]



E il principe sì religioso e austero si fa sordo a’ richiami; e fieramente ributta chi si lagni di villania, di rapina, di mortal ferita: dolenti vanno a lui i sudditi e dolentissimi sen tornano, quando in pena della temerità non li chiude il carcere, non li punisce il bastone, o non li calpestano i cavalli degli uomini d’arme, mentre essi si sforzano a giugnere sino ai piè del tiranno. Così la rimostranza già citata. Carlo sorride ai focosi suoi sgherri: giovanili trapassi que’ loro, o giuste vendette; le querele e’ richiami son calunnie di gente ribelle1. Invano Clemente parlò, scrisse, mandò legati a Carlo più volte2, fin pregò re Ludovico che il moderasse: Gregorio X invano nel ripigliò in Toscana, e l’ira del cielo minacciogli, e ’l flagello d’inaspettato tiranno che piomberebbe su lui. «Che suoni tiranno, rispondea Carlo, io lo ignoro; ma so che il sommo Iddio mi ha guidato, e così ho fidanza che mi regga sempre.» E raddoppiò i balzelli su i Templari e gli Spedalieri; e si rise delle rimostranze che Marino arcivescovo di Capua fea tuonar poco appresso nel concilio di Lione; e dell’orrore desto tra quei prelati al suo dire; de’ legati che il concilio deputava a correggerlo; e delle epistole del papa a re Filippo di Francia3.

Un dì avrebbe forse il sicilian parlamento chiesto riparazione a tanti torti; e ’1 voto solenne de’ rappresentanti della nazione, avria fatto impallidire quel Carlo4; ma il

    • Nic. Speciale, lib. 1, cap. 2.
    • Saba Malaspina, cont., pag. 332 e 353.
    • Rimostranza de’ Siciliani, citata di sopra.
  1. Raynald, Ann. ecc. 1267. §. 4, e 1268, §§. 36, 37.
  2. Saba Malaspina, lib. 6, cap. 3, 4 e seg.
  3. Scrivendo queste parole non si è dimenticato la imperfezione di quegli antichi parlamenti, i quali non eran sempre generali, nè aveano il potere legislativo sì netto come in oggi, nè rappresentavano la nazione in quel significato ch’or suona appo noi. Ma secondo gli umori dei tempi (e son più costanti i parlamenti d’oggi?) raffrenavano anch’essi gli abusi; come nel progresso di queste istorie si vedrà de’ parlamenti di Santo Martino e di Foggia nel reame di Napoli, e di quelli adunati in Sicilia sotto Giacomo e Federigo d’Aragona.