Pagina:La guerra nelle montagne.djvu/22

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vazione discretamente nascosto, Gorizia rosea, bianca e turchina ci apparve, quasi addormentata, sotto di noi, in mezzo al verde dei suoi castagni, presso l’Isonzo mormorante. Essa era in mani italiane, guadagnata dopo furiose battaglie; ma i cannoni nemici potevano ancora bombardarla a piacere dalle montagne. «E la nostra prossima mossa — disse l’ufficiale — consisterà appunto nello spazzare alcune di quelle alture. Potete voi distinguere le nostre trincee strisciare in su, fin verso gli Austriaci, minacciandoli? In quel punto ed in quell’altro — egli additò — le nostre truppe dovranno arrampicarsi e trascinarsi; mentre in questo modo ed in quest’altro, il fuoco dei nostri cannoni le proteggerà, fino a che esse non saranno giunte a quella duna brulla. Di là esse dovranno slanciarsi da sole e tale slancio non può farsi che con l’arrampicarsi. Se lo slancio fallisse, esse dovranno scovarsi dai ripari fra le roccie e nascondersi dietro l’ampia linea del ciclo. Poichè tale è la guerra fra le montagne, dove le vallate sono trappole mortali e ciò che conta è la sola altezza».

Allora ci volgemmo ai monti conquistati, che erano dietro di noi. Questi avevano vissuto assai oscuratamente fin da quanto erano stati creati; ma da ora in poi, a causa del caro prezzo pagato per il loro riscatto, resteranno memorandi fino a quando il nome d’Italia vivrà nella storia. Altre montagne pagane, di fronte a noi, dovevano ancora essere battezzate e inscritte nell’albo d’onore;