Pagina:La lanterna di Diogene.djvu/210

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sime vertiginose pupille nere di donna — era esposto al vento.

No, ella non contemplava i cavalloni del mare che di fianco correvano come lancieri bianchi all’assalto, su per un gran verde piano: ella non contemplava la grande luna d’agosto, sorta, che già ancor di sopra era il sole (e aveva detto la luna col suo placido riso beffardo: «Una volta al mese, o fratello sole, ci troviamo insieme a colorire, tu con le fiamme d’oro, io col mio argento, questo incolore branco di formiche con due gambe!»), non contemplava la casetta del cantoniere, asilo di pace; bensì, come assorta, godeva della sferzata del vento, quasi esso formasse su di lei una carezza brutale. «Oh, grande forza, portami via tu!» E il vento la investiva, la penetrava, la offendeva, ed ella pareva goderne, giacchè da quello spaldo non si tolse, ed io la vidi ancora lassù che già era giunto presso la riva del mare, dove l’onda dilagava orlata di spuma e poi scendeva col fremito della risacca.


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Lungo la spiaggia del mare — magnifica strada lavorata dalle onde — è la passeggiata vespertina, assai lieta e pittorica, specie nell’ora in cui approdano i battelli della pesca,