Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/121

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la leggenda di tristano 115


cavalieri, e T. parasi loro innanzi e domanda giostra, sí come è usato di cavalieri erranti. E li cavalieri tragonsi innanzi l’uno ala battaglia, e vegnosi a fedire sanza altre parole piú dire. E lo cavaliere fiedí a T., sí che gli ruppe la lancia addosso infino alo pugno, e T. fiedí alo cavaliere, sí che lo mette a terra del cavallo. E quando l’ebe abbattutto T. in terra del cavallo, e T. ismontoe e tagliogli la testa al cavaliere, e poscia rimonta a cavallo. E l’altro cavaliere ch’iera rimaso, iera fratello carnale di quello ch’iera morto. E T. fiedí all’altro cavaliere e dagli sí grande colpo che non gli vale targia ned asbergo ch’egli avesse indosso e passalo dall’altra parte cola lancia, e, nelo trapassare che fae, e T. sí rompe la lancia in corpogli, sí che non gli vale nulla e rimasegli lo tronco in corpo dela lancia. E quando T. vide quel colpo, dissegli: «Cavaliere, arenditi a mee». E lo cavaliere rispuose e disse che sí fará egli volontieri. E T. gli disse: «A te conviene andare lá dov’io ti manderoe». Ed egli disse che si fará egli volontieri. Allora sí gli comanda T. ched egli prenda la testa di suo frate in mano, e lo cavaliere la prende. E T. gli dice: «Vattine alo re Marco e salutalo sí come mio mortale nemico e digli che cosí com’i’ ho fatto di costui cosí farò di lui». E lo cavaliere disse che quello messaggio fará egli. Allora sí ne viene lo cavaliere in Tintoil e giunse a corte del re Marco e monta suso alo palagio e saluta lo re Marco da parte di T., sí come suo nemico mortale, e dicegli: «Cosi fará di voi, sí com’egli ha fatto di questo mio fratello e sí come egli ha fatto a mee, che sono molto presso ala morte, sí come ora indritto voi vedrete». Allora lo cavaliere si cadde in terra morto cola testa di suo fratello in mano. E quando lo re Marco udio e vide ciò, ebe grande paura, e comandò che fosse portato a sopellire e la testa dell’altro cavaliere con lui. E cosí fue fatto. Allora disse Ghedin: «Re Marco, dappoi che voi avete cacciato T. dela vostra corte, io non posso prendere lui sí come io credea, dinfino a tanto ch’egli sarae di fuori, né voi non guadagnerete neente con lui. E perciò, se voi lo volete distruggere sí