Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/205

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la leggenda di tristano 199


sí piace assai». E a tanto si comandoe che ambodue li cavagli si fossero messi a terra dela nave e tutte le loro arme altresie. E quando Governale intese questo comandamento, incontanente si fece mettere a terra dela nave i cavagli e l’arme, e appresso sí scese a terra dela nave T. e Ghedin. E incontanente T. sí prese l’arme e Ghedin co lui, e quando fuorono armati, ed eglino sí montarono a cavallo e incominciarono a cavalcare per lo diserto. E tanto cavalcarono in cotale maniera, che eglino si pervennero in uno molto grande monte, lá dov’iera la foresta molto ispessa; e quando fuorono a questo monte, e lo giorno era giá quasi com’andato via e la notte si appressimava molto forte. E quando T. vide che la notte sí era venuta, ed egli sí incominciò a risguardare da ogne parte, e risguardando egli, ed egli sí ebe veduto uno romitaggio. E quando T. vide il romitaggio, fue molto allegro e incontanente si andò in quella parte; e quando fue alo romitaggio, T. incominciò ad appellare lo romito. E quando lo romito udio la voce di T., incomincioe molto forte a maravigliarsi, imperciò ch’egli non iera usato di vedere arrivare alcuno cavaliere, se non molto rade fiate. E egli stettero tanto che lo romito sí venne a T. E quando vide T., egli sí disse: «Cavaliere, ditemi, se Dio vi salvi, quale aventura v’ha menato quie?», ET. rispuose e disse: «Certo, romito, noi siemo due cavalieri, li quali noi sí andiamo cercando nostre aventure per gli lontani paesi, e ora sí siamo noi arivati a voi. Onde noi sí vi diciamo che noi non avemo mangiato [o]ggi neuna cosa, e imperciò sí vi preghiamo che se voi avete neente di pane e di vivanda, che voi ci ne dobiate dare a mangiare, imperciò che noi ne siemo molto bisognosi di mangiare».


CLIII. — A tanto dice lo conto, che quando lo romito intese queste parole, fue molto doloroso, e disse: «Per mia fé, cavalieri, io non ho neuna cosa ched io vi possa donare, imperciò ched io non mangio se non erbe salvaggie e non beo se non agua. E imperciò sí mi duole molto di vo[i], perch’io non abo che vi dare a mangiare». E quando T. vide