Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/27

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la leggenda di tristano 21


per me questo distriere e questa bracchetta, la quale è la migliore e la piú bella che si possa avere. E si vi manda a dire che voi mi dobiate ritenere con voi». E T. il domanda e disse: «Sai tu il mio nome e mio convenentre?». Ed egli rispuose e disse che sie. «E dunque io sí ti comando che tu non debie dire il mio nome né mio convenentre a nessuna persona sanza mia parola». E lo scudiere dice che questo farà egli volentieri». E allora diede la lettera a T. e T. aperse la lettera, la quale si dicea cosíe:


XIII. — «Amis, amis T., amato di buono cuore e di verace amore, salute a te manda Belicies la figliuola delo re Ferramonte. Sappie, amico, che dappoi ched io seppi la tua partenza, la quale tu hai fatta in lontana contrada, io sí rimasi con pianto e con dolore assai, da poi che tu da me t’ieri allungato. E considerando tuttavia di voi, e non trovava chi a me potesse dare neuno conforto dele mie pene. Onde sappie, amico, che, considerando dela mia morte, non sostenni dolore, ricordandomi sí come io potea morire di questa ispada, cola quale lo re ti volea fare tagliare la testa. Onde sappie ched io sí ti mando lo mio destriere e la mia bracchetta, la quale è la migliore e la piú bella che si possa trovare, perché tu la debie tenere per lo mio amore. E imperciò sappi ched io si sono morta con quella ispada cola quale dovei essere morto tue». E queste parole si contava la lettera, la quale venne a T.


XIV. — Ma dappoi che T. ebe letta la lettera, disse: «Come è morta la figliuola deio re Ferramonte?». E lo scudiere disse: «Ella s’uccise per vostro amore». Molto è dolente T. di queste novelle. Ed apresso cavalcano tutti inverso Tintoil. E dappoi che fuerono giunti ala terra, cavalcarono al palagio delo re Marco e T. proferseli suo servigio. E lo re Marco guardando a T. e vedendolo cosí bello, disse che lo suo servigio si gli piacea assai. Allora rimase T. in sua compagnia ala corte. Ma tutti li baroni di Cornovaglia si si maravigliano molto dela bellezza di T., e dicieno tutti comunemente che Dio