Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/292

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286 la leggenda di tristano


bocca». E quando elli ha dette queste parole, elli incomincia a piangere assai forte, piú ch’elli non fece mai per altra volta. E quando elli hae sí sforzatamente pianto una grande pezza, elli riguarda Sagramor tutto piangendo e disse: «Io sono vinto, io vi posso bene rendere le mie arme e io ve le rendo. E che vi dirò io? Vi rendo mia cavallaria e tutti fatti e tutte prodezze e tutti aldimenti mi conviene oramai lassare, e io le lascio male mio grado, ché forza di morte me lo fa fare. Ai lasso io, che [grande dannaggio] riceverá oggi la Tavola ritonda dela morte d’uno solo cavaliere! Palamides, cavaliere cortese e valente, pieno di tutto bene, qui rimane tutto nostro innodio: giamai sopra di T. non fererai, né T. sopra di te. Lo nostro strifo è rimaso. Palamides, bello e dolce amico, sopra di T. torna lo ricredimento. Giamai T. non vi vedrá né voi lui. Per diverso m’è fallito lo strifo, che solemo fare. La morte fa qui rimanere tutto lo grande strifo di noi due. Ai Dinadam, mio bello dolce amico, qui difalla la nostra compagnia. Ora sono piú fieramente gabbato che gabbare non mi solete. Voi non sarete alla mia morte, ma io so bene che voi ne farete grande pianto, e tristo e dolente ne sarete, quando voi uderete dire che io sia morto. Ai messer Lancilotto, come voi perdete in questo giorno buono e ardito compagnone e cavaliere, che voi molto amava! Oggi si parte nostra compagnia; la morte che non ha pietá di me, ci diparte a forza. A Sagramor, bello e dolce amico, quelli tre che io v’ho contati mi saluterete da mia parte, e a loro dite sicuramente che io morrò dolente e tristo, de ciò che sí tosto falla nostra compagnia. La spada che i’ ho tanto amata, perciò che io non posso lo mio corpo presentare ala Tavola ritonda, mi presentate voi quella, e pregherete li mie’ compagnoni che facciano onore ala mia spada, quando a me no lo possono fare. E cosí Dio m’aiuti, come di verace cuore io li amai e come io procacciai di tutto mio podere l’onore dela Tavola ritonda, in qualunque parte io fusse. Perciò doverebero bene onorare le mie arme, che io a loro le mando, perciò che io non posso loro me presentare; e perciò in luogo di me presento io loro