Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/343

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appendice 337


E Tristano udendo le parole, sí come colui che da prima l’aveva dette per colei ch’egli non poteva vedere, ed egli tramortí allora sopra l’arcione dello afferrante, e gittò uno grande sospiro, dicendo «Ahi sire Iddio, come m’ha rinnovato quella donzella mio grieve dolore!». E Breus disse: «Non pensate nelle parole di quella meretrice: ch’ella si è dama di poca bontá; e quivi la fa istare messer Calvano per mio dispetto».

E cavalcando in tale maniera, i cavalieri giunsero alla rocca di Breus, e trovarono la porta serrata; e chiamando, due donzelle gli apersono e abbassarono il ponte; e Breus comanda a tutta la sua famiglia che in niuna maniera fussi ricordato suo nome, e che niuno dicesse ch’egli avesse dama.

Ed essendo Tristano e Astore disarmati, sí si riconobbero; ed allora fannosi grandissimo onore. Ed a tanto ecco li venire due donzelle con acqua e con bende di seta, e fanno lavare a’ due cavalieri il viso e le mani; perché gli erano tutti tinti di sudore dell’arme. Ed appresso sí apportano loro due ricchi ammanti di seta; e questa fu la prima cortesia che Breus fece in questo mondo; e ciò fece Breus, perch’avendo Tristano abbattuto lui e suo cavallo se ne andava fuggendo, e Tristano lo riprese e sí gliele rimenò. E stando uno poco, Breus venne in fra gli due cavalieri e sí gli domanda di loro nome; e Astore disse: «Bell’oste, il nome di quel cavaliere no’ potete voi sapere ora; ma io per nome sono appellato Astore di Mare». Breus, intendendo sí come questi era Astore, suo proprio nemico, tutto si cambiò nel viso e partissi allora da loro con una mala volontá. E conta a una sua nipote sí come quel cavaliere di piú tempo era Astore di Mare, lo quale lo tenne in pregione piú di sei mesi «ma se io non dottassi dell’altro cavaliere, ben volentieri mi vendicherei di lui». Allora la donzella prende una arpa e vassene dinanzi agli due cavalieri; e sonato che la donzella ebbe l’arpa, e Tristano sí la prende e suonala tanto gentilmente ch’era maraviglia a udire. (Capitoli CXXIII e CXXIV).