Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/381

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nota 375


7) uniformato la grafia1 di alcune parole.

Mi preme notare, a questo proposito, che R, nel quale in gran prevalenza si osservano i fatti sopraelencati (e che del resto è il ms. che ha fornito, per nove decimi, la materia per l’ediz. Parodi e per la nostra), spesso, e talvolta nella stessa pagina e a distanza di poche frasi, alterna le forme meno corrette a quelle da noi sostituite2 (p. es., noe e non, ree e re, sie e si, cioe e ciò, fee e fe, ecc.).

Per quanto concerne le correzioni concettuali e le integrazioni (di cui sará dato conto piú oltre), mi sono giovato, anzitutto, di elementi e rilievi sparsi dal Parodi nell’introduzione, in calce al testo e nel lessico; ma non di rado il suggerimento mi è venuto da altri testi di leggende cavalleresche (p. es. dalla Tavola ritonda, che attinse anche al nostro R, dal Tristano veneto3 e talvolta anche dal Tristano Corsini4 e dai testi vari editi5 dal De Bartholomaeis, dal Gardner e dal Bertoni), e da brani della versione spagnuola (affine6 a R) e del testo francese.

Cap. I. «lo fecero seppellire a grande onore.» La frase avverbiale, mancante nel cod. R, è stata da me aggiunta di sul ms. affine P.

— «lo re Marco... e vide.» In questa e in molte altre proposizioni temporali, «e» ha il noto significato di «ecco che». Talora, si tratta solo di congiunzione pleonastica.

Cap. II. «E vide venire un uomo a cavallo inverso de lei, e cavalcando inverso de lei.» Il Monaci (nella Crestomazia) espunse le ultime tre parole.

  1. Cito ad esempio: viata (piú spesso, fiata), brive (brieve), prigo (prego e priego) ecc. Trattasi, secondo me, non di doppioni, ma di svarioni del copista di R, che spesso si distrae.
  2. Non senza, di frequente, il conforto dei mss. affini.
  3. Esso è utile soprattutto per l’ultimo tratto del romanzo (la morte di Tristano), per il quale si accorda (tranne che nel colorito linguistico, molto diverso) con P (esemplato per tale episodio dal Parodi, come piú volte ho detto).
  4. Edito di recente da un allievo del Bertoni, esso è traduzione diretta del Roman de Tristan e non ha attinenze (se non, talvolta, per il tipico fraseggio) coi nostri codici.
  5. Cfr. Tristano, gli episodi principati della leggenda... a cura di V. De Barth. (1922); E. G. Gardner, The Arthurian Legend in italian Literature (1930); G. Bertoni, Cantari di Tristano (1937).
  6. Cfr., oltre al volumetto del De Barth., Coronedi in Archiv. romanicum, XVIII, 1933.