Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/89

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la leggenda di tristano 83


dubitoe molto del suo amico T., ma tutta fiata sí si conforta e si confida molto nela prodezza di T. E quando Galeotto vide la sua insegna e li suoi cavalieri, si incominciò forte a sgridare T. ed a dicegli: «Per mia fé, or se’ tu morto e di mia mano né non puoi campare, ed eco li miei cavalieri che vegnono per ucciderti». Allora sí rispuose monsegnore T. e dissegli: «Io so bene che voi non dite queste parole se non per spaventarmi e per mettermi paura, [ma io di ciò non temo] ché voi siete sí alto cavaliere e sí prode, che voi non soffereste, per alcuna maniera di mondo, che nostra battaglia si disfinisse per altri cavalieri che per noi due. E intra noi due fue incominciata e per noi due dee essere disfinita; né giá d’altro cavaliere io non prendere’ guardia se non da voi. Ma s’io veglio a tanto ch’io vinca la battaglia e li vostri cavalieri vorranno combattere co meco a uno a uno, giá di battaglia io non fallirò loro». A tanto si viene lo re de’ cento cavalieri cola lancia in mano per fedire T. e T. si colse uno salto dala parte di Galeotto e lo re di cento cavalieri si trapassoe oltre. Allora sí comandoe Galeotto alo re, che di queste cose e’ non si debia intramettere piú: «lasciate finire la battaglia a noi due». E a tanto vedendo T. la cortesia di Galeotto e pensando la grande affensione ch’egli avea fatta a lui, sí come d’uccidere suo padre e sua madre, sí si fece innanzi T. e si prese la spada e porsela per lo tenere a Galeotto e dissegli: «Io vi priego, Galeotto, sí come buono e leale cavaliere e sí come lo piú alto principe del mondo, che voi mi dobiate perdonare vostro maltalento. Imperciò che ciò ch’io feci sí lo feci per diliverare me e la mia compagnia e feci l’usanza dell’isola di Gioganti». E Galeotto intendendo queste parole e intendendo la cortesia di T. e considerando che avea lo peggio dela battaglia, disse Galeotto a T.: «Per tanto ti perdono io perch’io veggio che tu se’ uno de’ migliori cavalieri del mondo. E considerando tua prodezza sí ti perdono tutto mio maltalento, sí come tu hai morto mio padre e mia madre». Allora sí si gittano ciascheduno le targie di dietro ale spalle e dislacciansi gli elmi ch’aviano in testa e