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GROSSO TORNESE — 205 — GROSSUS

Grosso tornese, Gros tournois, detto anche Gros Denier d’argent, Gros Denier blanc o Sol d’argent. Il Bartelemy dice: «A Tours la zecca dopo di essere stata in possesso dell’Abbazia sotto i carolingi, divenne essenzialmente reale dal 805 al 919. In quest’anno il Duca Roberto, Abbate laico di S. Martino di Tours, ottenne dal Re Carlo il Semplice, per la sua Abbazia, il diritto di zecca del quale si servì per uso personale». I successori lo cotinuarono a godere fino all’avvento di Ugo Capeto ultimo duca Abbate nel 987. Il Conte di Blois, e poi il Conte d’Angiò, che ebbero il Contado della Touraine a datare dal 1987, successero ai diritti dei Duchi, fino alla confisca di quella contea per parte di Filippo Augusto, che ebbe oltre alla contea la zecca di Tours la cui moneta divenuta reale, fu impiegata ed imitata in tutto il mondo civilizzato, sia come moneta effettiva, sia come moneta di conto, fino al secolo passato. I primi Grossi tornesi sono di Luigi IX (1226-1270). Fu la prima moneta grossa d’arg. coniata in Francia, era a 11 den. e 12 g.ni di lega e pesava den. 3, g.ni 7 e 26/58; era al taglio di 58 al marco. Si divideva come il Soldo in 12 Den. tornesi ma mentre il Soldo corrispondeva sempre a 12 Denari, il Grosso tornese cambiò continuamente di valore rispetto al Denaro. Nel 1343 Filippo di Valois li fece coniare di argento fino al taglio di 60 al marco e del val. di 15 Den. tornesi. Re Giovanni nel 1361 ne mantenne la lega, ma li diminuì di peso coniandoli a 84 al marco. Carlo V li portò a 96 al marco, con lega di den. 11 e g. 17 e valenti 15 Den. tornesi. Carlo VI nel 1381 a 11 den. 6 g.mi di fino, 96 al marco, val. 15 Den. e nel 1413 a 11 den., 16 g.ni di fino, 84 7/12 al marco, val. 20 Den. torn. Nel 1421 si ridussero a 10 den. 12 g.ni di fino, 864 al marco ed al val. di 20 Den. tornesi. Carlo VII nel 1447 li riportò al fino di den. II e g.ni 15,68 al marco ed al val. di 30 Den. Nel 1456 a den. 11 g.ni 12,69 al marco e val. 30 Den. Luigi IX conservò questi valori e poi nel 1474 li fece correre per 34 Den. valore che il Grosso tornese mantenne sotto Carlo VIII e Luigi XII (lbmf.). Questa mon. fu imitata e contraffatta in molte zecche fran cesi ed estere. In Italia fu imitata dalla zecca

di Cuneo, da Carlo II d’Angiò re di Sicilia; in Asti a tempo della Repubblica (Corrado II imp. sec. XII-XIV), in Pietra Castello da Ludovico II di Savoia 1302-1350 (CNI., XLII, 3,4) ed altrove. Martino V nella sua costituzione del 1° sett. 1418 ordinò che tutte le tasse «decem grossi turonenses pro uno dumtaxat Floreno de Camera» si computassero, equiparando così il Tornese al Carlino (Bull. Rom., tom. III, 434). Se ne coniarono egualmente nella Lorena, nell’Hainaut, nel Luxemburgo, nell’Hasselt. Durante la prigionia di Giovanni II il Buono, tra il 1356 ed il 1358, Carlo luogotenente del regno fece coniare un Tornese grosso d’arg. che prese il nome di Gros tournois d’argent fin de langue d’oc (la langue d’oc era parlata nel sud della Francia mentre la langue d’oil lo era al nord). Si disse Gross tournois à l’O rond quello coniato da Filippo IV nel 1292, per distinguerlo da quello all’O ovoidale di Luigi IX, del quale si erano fatte emissioni e contraffazioni a titolo inferiore. In Macon, a Rouen, a Tournay furono coniati Grossi tornesi, con la dicitura grossus turonus, dal duca di Berry, durante la demenza di Carlo VI nel 1413. Si dicevano comunemente Grossu. Vedi Grosso.

Grosso veneto. Vedi Matapane.

Grosso volterrano. Coniato nella zecca di Volterra dal vescovo Ranieri (1252). Nei conti delle decime esatte in Toscana nell’anno 1297, il Grosso volterrano fu sempre ragguagliato a 2 Sol. cortonesi o a Den. 20 pisani, fiorentini e senesi o a Den. 14 ravignani (di Ravenna). Nel 1302 il Grosso volterrano (di Ranieri III, vescovo) valeva Den. 13 a moneta provisina cioè una metà del Carlino d’argento; era pertanto maggiore del Bolognino di Bologna, che era allora a den. 10 3/4; dell’Anconitano, che era a den. 10 4 5; del Ravignano, che era a den. 11/10; del Siampierino, che era a den. 12 (GSO., 122).

Grossus, Groschen (ted). Mon. grossa d’arg. che rimpiazzò nel sec. xv le Bracteate nei paesi germanici. Troviamo il nome di Grossus indicato sopra alcune mon. di Ernesto Alberto e Guglielmo III duchi di Sassonia (1464-1485) grossus novus ducum saxoni, ed in uno del 1580 di Stefano Bathori duca di Lituania. Vedi Grosso-Groschen ecc.