Pagina:La regina delle tenebre.djvu/173

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Il giorno prima Arrosa gli aveva detto che i due signori l’indomani all’alba avrebbero proseguito per l’altra cantoniera; ed egli aspettava, appostato nella fratta come un cacciatore, con una feroce decisione nel volto scomposto e negli occhi più tetri del solito.

Nella fresca aurora primaverile, un vago incantesimo di silenzio, di pace, di luminosità e di profumi teneva il paesaggio; l’ultima linea del bosco s’indorava al riflesso dell’oriente d’oro, e nelle macchie brillava la rugiada e cantavano gaiamente le agasselle, ma Jorgj Preda non vedeva nulla, non udiva nulla e si disponeva a turbare con un delitto quell’idilliaca poesia mattutina. Dalla fratta egli dominava un buon tratto di stradale, e vedeva il piccolo ponte sotto cui scorreva un filo d’acqua smorta, assorbita dagli alti giunchi e dall’asfodelo che copriva le rive del ruscello.

E ripensava istintivamente ai sogni fatti tante volte, seduto sul parapetto del ponte, alle canzoni cantate con voce altissima, perchè venissero intese in lontananza da Nanìa, a tutte le dolcezze di quelle tre settimane d’amore. A momenti, ricordando la felicità perduta lo vinceva una tenerezza accorata, quasi una voglia di piangere; e gli pareva