Pagina:La sciarada, appendice alle antiche poetiche.djvu/47

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« Io Marco Polo, che, qualor m’accaschi
1370« Scioglier l’enigma d’Agiarne, mai
« Non sarà che al mio talamo io l’astringa.
« L’incauta onde abolir cruenta legge,
« Lei tento di far mia; mia divenuta,
« Non v’han più dritto genitore o amanti;
1375« Io la cedo a sè stessa, ed ella puote
« Sceglier, donna, di sè, talami o tombe.
« Nella scrittura mia tanto dichiaro,
« Perchè, s’io cado nel cimento, sappia
« L’Asia e l’intero mondo, e, più, Venezia,
1380« Che un giovin figlio delle sue lagune
« Non, siccom’altri, per fruir gli amplessi
« Di questa rara Tartara beltade,
« Ma per tor legge infausta a fausto impero,
« E il proprio nome ornar d’eterna fama,
1385« Affrontò l’alto rischio e vi soggiacque ».
A fiera bile di vedersi vinta,
E più, d’amante, qual tenealo preda,
Sottentra in Agiarne a poco a poco
Maraviglia, conforto, e quasi gioia
1390Di scoprir nel rivale una tanto eroe.
Aperto nelle braccia, Gingiscano
Gli va incontro, il ringrazia, il loda, e giura
Che liberi gli affetti d’Agiarne
Sempre vorrà. Di preziosi doni,
1395Cui Marco rifiutar credette orgoglio,
Non che la figlia e il padre, ogni Barone
Largamente il colmò, ma più coloro,
Ch’esposta di quel fascino al periglio
Avean del miglior sesso adulta prole.
1400Di Ceilan i rubini, e le ritonde
Grosse perle vermiglie, onde l’estremo
Giappon le sue frequenti isole ingemma,
Perle assai delle candide più care,
Fra i topazii, i carbonchi, e gli smeraldi,
1405Eran di Polo nel tesoro immenso: