Pagina:La sciarada, appendice alle antiche poetiche.djvu/50

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1480Dell’Africano ciel, da terra leva
L’anguimano elefante e in aria il porta.
Ma ciò che per veduta attinse Marco,
O per udita, cerner vuolsi, e troppi
V’han Sapienti che ne’ lor quaderni
1485Notan scredute intese maraviglie,
Il vero d’appurar, la cura al tempo
Lasciata, ed al solerte acuto esame;
Chè il dissimile al ver vero è pur anco.
Della credula età qualche fiata
1490Drizza Polo le torte opinioni;
Che solo da una vergine sopporti
Di venir côlto il gran rinoceronte;
Che gli uomin cubitali della cinta
Dall’Indiano mar florida Java
1495Uomini sien da senno, e non piuttosto
Con zafferano acconce, e il corpo intero,
Fuor muso e pettignon, pelate simie;
Salamandra non finta, perchè il foco
Purgalo solamente e nol consuma,
1500L’amianto chiamò, filabil marmo;
Nè delle nere pietre, che, quai brage,
Ardono, e assai più a lungo che le legne
L’ardor tengono, pietre onde van liete
Del Catai le montagne, e l’util sono
1505Litantrace, a’ dì nostri in tanta voga,
Si tacque. Ei fra’ moderni a’ naviganti
Primo seppe accennar l’uso ed il tempo
Delle etésie; le donne e i dilicati
Denno a lui, se le nari allegrar sanno
1510Col muscado odorifero, un umore,
Ch’or sulle rupi e gli alberi, a’ quai viene
Fregando l’ombelico postemato,
Del nevoso Tibet lascia una cerva,
Or le ruba dell’uom l’arbitro ferro.
1515E tanto eroe, che tanti in Asia rischi
Vinse, e fu amor di popoli e di regi,