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Pagina:La secchia rapita.djvu/109

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96 CANTO


XIX.


O dell’imperio di Germania fiore,
     Anime eccelse, eccovi l’ora e ’l campo
     In cui risplenderà vostro valore
     156Di glorioso inestinguibil lampo.
     Io confidato in voi, mi sento il core
     Tutto infiammar di generoso vampo;
     E su questi papisti oggi disegno
     160Di lasciar colla spada orribil segno.

XX.


Seguitatemi voi, che l’empia setta
     Qui tutte accolte ha le sue forze estreme,
     Perchè possa una sol giusta vendetta
     164L’ira sfogar di tante ingiurie insieme.
     Se vaghezza di fama il cor v’alletta,
     Se l’onor della patria oggi vi preme,
     Se v’è caro mio padre o molto o poco,
     168Quest’è il tempo ch’io ’l vegga, e questo è ’l loco.

XXI.


Così detto, il feroce urta il destriero,
     E l’asta a un tempo e la visiera abbassa,
     E tra’ nemici impetuoso e fiero,
     172Qual fulmine tra’ cerri, incontra e passa.
     Baldin Ghiselli, e Lippo Ghiselliero,
     E Antonel Ghisellardi in terra lassa,
     E Melchior Ghisellini, e Guazzarotto,
     176Bisavo che fu poi di Ramazzotto.

XXII.


Giandon dalla Porretta era un Petronio
     Grande come un gigante, o poco meno;
     E in vece d’un caval reggea un demonio
     180(Cred’io), senza adoprar sella nè freno:
     Un de’ mostri parea di Sant’Antonio;
     Nè pasceva il crudel biada nè fieno,
     Ma gli uomini mangiava, e distruggea
     184Co’ denti il ferro, e un corno in testa avea.