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Pagina:La secchia rapita.djvu/171

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158 CANTO


XXXV.


Tornano i tori; e i cavalier rivolti
     Son loro incontro, e menano alla testa.
     Lampeggiaron le fronti ove fur colti;
     284Ma l’impeto e ’l furor per ciò non resta.
     I cavalier sul corno a forza tolti,
     Fur portati nel fiume a gran tempesta:
     Restar gli scudi, e scritti i nomi loro,
     288Perinto e Periteo, negli orli d’oro.

XXXVI.


Balzar nell’onda a precipizio i tori
     Coi cavalieri, e quivi uscir di vista.
     Si ravvivaro i soliti splendori,
     292Depose il ciel quella sembianza trista,
     L’isoletta cessò da’ suoi tremori,
     Lieta tornando, come prima, in vista;
     E ’l Cavalier che ritirato s’era,
     296Tornò a mettersi in capo alla carriera.

XXXVII.


E nuova giostra invano un pezzo attese,
     Ch’ognuno era confuso e spaventato;
     Finchè dal ponte un cavalier discese
     300Maneggiando un corsier falbo6 dorato,
     Che la briglia d’argento, e ’l ricco arnese
     Avea d’oro trapunto e ricamato.
     Questi in pensier di cambiar lancia venne;
     304E ne fe’ inchiesta, e la richiesta ottenne.

XXXVIII.


Diede il segno la tromba: e come vanno
     Per gli campi dell’aria i lampi ardenti,
     Ch’a terra e cielo e mar dar luogo fanno,
     308E portano con lor grandine e venti;
     Tal vannosi i guerrier, coll’aste ch’hanno
     Abbassate, a ferir gli elmi lucenti.
     Volar le schegge e le faville al cielo,
     312Nè vi fu cor che non sentisse gielo.