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XXIII.
Il capitan della petronia gente,
Ch’era un omaccio assai polputo e grosso,
Gridava dalla ripa del torrente,
188A’ suoi ch’eran fermati, a più non posso:
Perchè non seguitadi alliegramente?
Avidi pora di saltar un fosso?
O volidi restar tutti alla coda?
192Passadi panirun pieni di broda.
XXIV.
Così dicea; quand’ecco in vista altera
Vide giugner Gherardo all’altra riva:
Onde a destra piegar fe’ la bandiera
196Contra ’l nemico stuol ch’indi veniva:
E confidato nell’amica schiera,
I cui tamburi già da lunge udiva,
Spinse dall’altra sponda i suoi soldati,
200Dal notturno cammin stanchi e affannati.
XXV.
Allor Gherardo a’ suoi diceva: O forti,
Ecco Dio che divide e che confonde
Questi bedani: udite i lor consorti
204Che sono del Panaro anco alle sponde.
Prima del giugner lor, questi fien morti,
Pochi e stanchi, e ridotti entro a quest’onde.
Seguitatemi voi; che larga strada
208Io vi farò col petto e colla spada.
XXVI.
Così dicendo, urta ’l cavallo; e dove
La battaglia gli par più perigliosa,
Si lancia in mezzo all’onda, e ’n giro move
212La spada fulminante e sanguinosa.
Non fe’ il capitan Curzio tante prove
Sotto Lisbona mai, nè sulla Mosa,
Quante ne fe’ tra l’una e l’altra ripa
216Gherardo allor sul popolo dal Sipa.