Pagina:La secchia rapita.djvu/209

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196 CANTO


XXVII.


Occhi dell’alma mia, pupille amate,
     Lucidi specchi ove beltà vagheggia
     Sè stessa, archi celesti, ond’ infocate
     220Quadrella avventa Amor ch’in voi guerreggia;
     Delle vostre sembianze, onde il fregiate,
     Così splende il mio cor, così lampeggia,
     Ch’ei non invidia al ciel le stelle sue,
     224Benchè sian tante, e voi non più che due.

XXVIII.


Come ai raggi del sole arde d’amore
     La terra, e spiega la purpurea veste;
     Così ai vostri be’ raggi arde il mio core,
     228E di vaghi pensier tutto si veste.
     Quest’alma si solleva al suo Fattore,
     E ammira in voi di quella man celeste
     Le meraviglie, e dal mortal si svelle,
     232O degli occhi del ciel luci più belle.

XXIX.


Rimiratemi voi con lieto ciglio,
     Del cieco viver mio lumi fidati:
     Siate voi testimoni al mio periglio,
     236E scorgetemi voi co’ guardi amati;
     Che fia vana ogni forza, ogni consiglio:
     Cadrà l’empio e fellon ne’ propi aguati;
     E non che di pugnar con lui mi caglia,
     240Ma sfiderò l’Inferno anco a battaglia.

XXX.


Così detto, risorge, e il destrier chiede,
     Tutto foco negli atti e ne’ sembianti;
     E fa stupire ognun che l’ode e vede
     244Sì diverso da quel ch’egli era innanti.
     Ma Titta armato già dal capo al piede,
     Con armi e piume nere e neri ammanti,
     In campo era comparso accompagnato
     248Dal solo suo padrin, senz’altri allato.