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Pagina:La secchia rapita.djvu/230

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DUODECIMO 217


XLVII.


E ’ntanto preparar feano in disparte
     Ordigni da trattar notturno assalto:
     Ponti da tragittar dall’altra parte;
     380Saette ardenti da lanciar in alto;
     Fuochi composti in varie guise ad arte,
     Ch’ardean nell’acqua e sul terreno smalto;
     Falci dentate, e macchine diaboliche
     384Che non trovaron mai le genti argoliche.

XLVIII.


Tre giorni senza uscir della trinciera
     Stettero i Padovani e i Modanesi.
     Ed ecco il quarto con sembianza altiera
     388Fuor de’ ripari uscir de’ Bolognesi,
     E sul ponte calar dalla riviera,
     Tutto coperto di ferrati arnesi
     Un fanton di statura esterminata,
     392Nominato Sprangon dalla Palata.

XLIX.


Un celaton di legno in testa avea
     Graticciato di ferro, e al fianco appesa
     Una spada tedesca; e in man tenea
     396Imbrandita una ronca bolognesa.
     Quindi volto ai nemici, egli dicea:
     O Pavanazzi dalla panza tesa,
     Quando volid uscir di quelle tane,
     400Valisoni da trippe trevisane?

L.


Fra tanti poltronzon j n’è neguno
     Ch’apa ardimento de vegnir qua fora
     A far custion con mi fina che l’uno
     404Sipa vittoríos, e l’altro mora?
     Così dicea; nè rispondeva alcuno
     Alla superba sua disfida allora.
     Ma non tardò ch’a rintuzzar quel fiero
     408Dall’antenoree tende uscì un guerriero.