Pagina:La secchia rapita.djvu/252

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DELL' OCEANO 239


XXXII.


Era ancor Primavera, e dalle viti
     Pendean l’uve mature; i rami tutti
     Parevano inchinarsi a fare inviti
     252Ch’altri cogliesse i lor maturi frutti:
     Ma fra i gusti più cari e più graditi
     (Che divennero poscia amari lutti)
     Era il veder fra le selvette ombrose
     256Or mostrarsi, or fuggir le Ninfe ascose.

XXXIII.


La vaga gioventù focosa e ardente
     Correa per abbracciarle, e correa in vano,
     Ch’elle si nascondeano immantinente,
     260E sull’avvicinar fuggian di mano:
     Ecco una n’apparía bella e ridente,
     E sembianze d’amor fea di lontano,
     Fingendo d’aspettar, ma poi dappresso
     264Scoccava l’arco e fuggia a un tempo stesso.

XXXIV.


Gli strali eran d’oro, e piaga mai
     Nel suo colpire alcun di lor non fea,
     Ma sentiva il percosso acerbi guai
     268Per l’arciera crudel che ’l percotea;
     Nè di seguirla e di cercarla ai rai
     Della Luna e del Sol si ritenea;
     Ed ella ad or ad or gli si mostrava
     272Nell’aspetto gentil ch’ ei più bramava.

XXXV.


A cui piacea la tenerella etate,
     Donzellette apparian di primo fiore,
     Lascivamente in varie guise ornate,
     276Che pareano al sembiante arder d’amore;
     E quando s’accorgean d’esser mirate,
     Or s’ascondeano, or si mostravan fuore,
     Baciandosi tra lor sì dolcemente,
     280Ch’avrebbon fatto un cor di tigre ardente.