Pagina:La secchia rapita.djvu/257

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244 CANTO PRIMO

LII.


E questi e assai poch’altri eran restati
     Seco nel porto a rispalmar le navi.
     Egli poi che mandò messi iterati
     412Attorno, e delirar vide i più savi,
     Andò egli stesso al fine, e gli ostinati
     Smover con dolci e con parole gravi
     Cercò; ma poco frutto i suoi ricordi
     416Fer predicando agli appetiti sordi.
     

LIII.


Soldati, ei dicea lor, quest’Isoletta
     Non può mancarne mai, venite, andiamo;
     Che ’n così poco ciel non è ristretta
     420Quella felicità che noi cerchiamo.
     Tutto ciò che più gusta e più diletta,
     Se dentro a questo mar più ch’ingolfiamo,
     Ritroveremo e donne e frutti e fiori,
     424E quel ch’importa più, gioie e tesori.
     

LIV.


Se v’arrestano qui vani diletti,
     Che diranno i Re vostri al mio ritorno?
     Voi foste meco all’alta impresa eletti,
     428E fate alla lor fede oltraggio e scorno.
     Così dicea; ma gli ostinati petti
     Non si movean però dal lor soggiorno,
     Follia stimando a quel sicuro lido
     432Le speranze antepor del mare infido.
     

LV.


Ond’ei tornò tutto dolente e mesto
     Fra se volgendo il non pensato caso:
     E di perder temendo ancora il resto,
     436Che vacillando seco era rimaso,
     L’ancore svelse e uscì del porto presto,
     E le vele spiegò verso l’Occaso,
     Gridando dalla poppa in alto suono:
     440Poi che m’abbandonate, io v’abbandono.