Pagina:La secchia rapita.djvu/91

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78 CANTO


XV.


Ed ecco in sulla fossa al gran Voluce
     Improvvisa apparir la Dea d’Amore,
     Chiusa d’un nembo d’or, cinta di luce,
     124Ed infiammargli alla battaglia il core.
     Preso gli mostra il miserabil duce,
     E l’inimico stuol pien di terrore,
     Tutto rivolto alla bandiera alzata,
     128E la vicina porta abbandonata.

XVI.


Al magnanimo cor basta sol questo,
     E l’usato valor dentro raccende.
     Volge lo sguardo a’ suoi soldati presto,
     132E seco il fior de’ più lodati prende.
     Corre alla porta: e ne’ compagni è desto
     Emulo ardor ch’agli animi s’apprende;
     Onde Folco, Attolino e Bagarotto
     136Corrono anch’essi, e fanno agli altri motto.

XVII.


Egli infiammato di feroce sdegno
     Sta sulla soglia minacciando morte,
     E con una bipenne il duro legno
     140Percuote, e risonar fa l’alte porte.
     Mettono gli altri un ariete a segno,
     E ’l sospingon con impeto sì forte,
     Che già l’imposte e le bandelle sono
     144Tutte allentate, e ne rimbmoba il suono.

XVIII.


Quei pochi ch’ivi in guardia eran fermati,
     Lanciano sassi, e mettono puntelli;
     E di paura afflitti e sconcacati,
     148Vanno mirando a questi buchi e a quelli.
     Ma dal fiero cozzar rotti e spezzati,
     Già cadono le spranghe e i chiavistelli;
     E Voluce dai gangheri a fracasso
     152Getta la porta tutt’a un tempo abbasso.