Pagina:La secchia rapita.djvu/93

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80 CANTO


XXIII.


Musa, tu che cantasti i fatti egregi
     Del re de’ Topi, e delle Rane antiche,5
     Sì, che ne sono ancor fioriti i fregi
     188Là per le piagge d’Elicona apriche;
     Tu dimmi i nomi e la possanza e i pregi
     Delle superbe nazíon nemiche
     Ch’uniron l’armi a danno ed a ruina
     192Della città della salciccia fina.6

XXIV.


Posciachè gli apparecchi e la contesa
     Di Bologna la fama intorno sparse,
     Trasse il desio di così degna impresa
     196Quattordici città seco ad armarse.
     Tremò l’Imperio, e invigorì la Chiesa;
     Sentì l’Italia in freddo giel cangiarse:
     E credo che ’l soldan de’ Mammalucchi
     200Ne mandasse ragguaglio al re de’ Cucchi.

XXV.


Il papa ch’era padre e protettore
     Della parte de’ Guelfi, e della Chiesa;
     Avendo udito in Francia il gran romore
     204E la cagion di sí crudel contesa,
     Per aggiungere a’ suoi fede e valore,
     Spedì subito nunzio a quell’impresa,
     Da Vienna, un suo domestico prelato
     208Che monsignor Querenghi era nomato.

XXVI.


Questi era in varie lingue uom principale,
     Poeta singular tosco e latino,
     Grand’ orator, filosofo morale,
     212E tutto a mente avea sant’Agostino.
     Ma il papa non lo fece cardinale
     Che ’n sospetto gli entrò di Ghibellino,
     Dopoch’ei ritornò di nunziatura:
     216E perdè la fatica e la ventura.