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10 prefazione


Il concetto dell’educazione artistica dei migliori tempi dell’arte fu così giustamente intuito dal Müntz che meglio non si potrebbe esprimere se non riportando le stesse sue parole1: «Uno dei fatti più caratteristici della Storia delle arti in quell’epoca, e specialmente a Firenze è il vedere che la maggior parte degli artisti celebri, Bramante, Donatello, il Ghiberti, il Ghirlandaio e tanti altri fecero pratica in qualche bottega d’orefice. Ciò si spiega perchè l’orafo era obbligato, al pari di quelli del medioevo, a conoscere la teoria e la pratica di tutte le arti, dacchè via via doveva esercitarle tutte quante su piccola scala, per modellare e per adornare i calici, i candelabri, i reliquiari e gli altri diversi lavori di oreficeria di chiesa e del vasellame da tavola che era chiamato ad eseguire. L’orefice lavorava da architetto quando foggiava delle nicchie, delle colonne, dei pilastri, delle finestre e dei frontoni; da scultore quando cesellava delle figure ed ornamenti di piccole dimensioni; da pittore quando disponeva degli smalti destinati a far risaltare la bellezza della forma con la ricchezza del colorito, e da incisore quando lavorava l’oro e l’argento col bulino.

«Dovendo servirsi dei materiali più diversi era costretto a saper martellare il ferro, gettare in bronzo, come anche rinettare e pulire i lavori in metallo provenienti dalla incudine o tratti dalla forma.

«Si comprende bene che con delle cognizioni così estese l’orefice del Rinascimento era fra tutti gli artisti il più capace di dare ai suoi allievi un’educazione che permettesse di abbracciare un ramo qualunque dell’arte senza tema di riescirvi insufficiente: lo si considerava come

  1. E. Müntz, L’Arte Italiana nel Quattrocento. Milano, 1894; pag. 342.