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posta del simulacro della Fama, la quale soffiava dalla tromba un impetuoso zampillo: «Ecco, disse Panfilo, la tiranna delle nostre opinioni, la instigatrice di brame ardenti, la nemica di ogni calma, l’aculeo velenoso de’ cuori. Idolo pernizioso tu sei muta per la vita onesta de’ saggi, per le utili invenzioni, e stridente per le smisurate malvagità.» Si attristava il giovane a quelle sentenze e interruppe «Ohimè! Sarà dunque biasimevole il desiderio di lode?» Non mai, rispose quegli, anzi necessario. Ma per conseguirla non si richieggono imprese violente, o pericoli desolatori, bensì una pratica inalterabile delle civili e familiari virtù.» Soggiunse l’alunno. «Questa lode universale è difficile ad ottenersi, perocchè gli uomini sono ingrati nel cuore, e incerti nelle menti, onde niuna città ha mai tutta consentito a lodare la virtù di qualche eminente suo cittadino. I serpi della invidia fischiano sempre