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52 | la vite, l’acquavite |
monete, come suole, fra il popolo, de’guadagni fortuiti, se ne vadano sovente in fronzoli e gozzoviglie. Voi crederete piuttosto che quelle poche monete vagheggiate così dalla speranza ne’ popolani cervelli, valgano piuttosto a sottrarre uno stimolo al lavoro, e a fomentare quella ignavia ed infingardaggine che è, com’io vi diceva, il male nostro peggiore; voi crederete piuttosto che dote vera a popolana vergine, dote non consumabile mai e perenne ne’figli, sia la sua virtù e l’operosità sua.
Ora se tutto questo è vero, com’è verissimo, perchè non si ha il coraggio di abbandonare la vecchia usanza? perchè il medio evo non cede anche qui alle ragioni de’tempi? Le vostre figlie, operai, credo rinunzieranno volentieri al magro gusto di farsi imborsare, quando sia data loro speranza che quel denaro possa andare a consolare gli ultimi anni del loro genitore cadente. Ad esse poi posso insegnare un mezzo sicuro per ottenere quel tanto che il capriccio e la sorte potrebbe loro negare o concedere: veglino un’ ora di più la sera sul lavoro, e in un anno la dote è ricuperata.