Pagina:La zecca di scio.djvu/56

Da Wikisource.
44

non sono nè di Pera nè di Caffa, nè di Famagosta, ne segue che devono a quell’isola spettare tanto più che offrono quei dati che per queste furono prescritti dal governo della repubblica, come abbiamo antecedentemente veduto sia nella convenzione del 1347, nella quale fu detto che la loro leggenda fosse Dux Januensium e Conradus Rex, quanto in quella del 1373, nella quale si ordinò che oltre tale scritto avessero la figura delle monete di Genova (cioè porta e croce), oppure fossero cum signis del doge, onde ne restava escluso il nome ed il segno ossia stemma della città, ed invece sostituiti i segni della dignità del doge, come è la sua figura stessa. Per quale causa poi indi si abbandonasse la leggenda Dux Janue, e ad essa si sostituisse il nome dell’isola, è ignoto; tuttavia non crediamo di allontanarci dal vero dicendo che ciò deve esser avvenuto quando, caduta la repubblica negli ultimi anni del secolo XIV sotto il dominio di Francia ed alcuni anni dopo sotto quello di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, ignorando i maonesi per la loro lontananza i cangiamenti di governo che continuamente si succedevano nella madre patria, epperciò non potendo conoscere se da un doge eletto dal popolo oppure da un principe straniero fosse essa retta, credettero più sicuro partito omettere un nome che quando si emetteva la moneta in Scio forse poteva già esser tolto da quelle di Genova, e sostituirvi quello della città nella quale essa si lavorava.

In quanto a quelle d’oro, che per tutto il loro assieme si vedono uscite da una stessa officina ed in Oriente nel secolo XV, esse paiono intagliate dallo stesso artefice che fece quelle contemporanee dei Gattilusio in Metelino, e che sono contraffazioni dei ducati veneti con variazioni nelle leggende. Ciò che ne fa conoscere l’origine, si è che sopra due diverse, affine di distinguerne la provenienza, si collocò ai piedi dell’asta del vessillo un grande S, che altrimenti non si può spiegare che come iniziale del nome dell’isola, cioè Scio, dalla quale appunto proviene l’esemplare che si conserva nel medagliere di S. M.

Provata così l’attribuzione da noi data delle precedenti monete ai maonesi di Scio, prima ancora di ripigliare la descrizione di quelle monetine d’argento con castello e croce, delle quali si