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per sua tradizione inadeguata in quanto sembra ricomprendere sempre come imprescindibile la presenza dell’uomo nel contesto ecologico), ma con elaborazione in chiave retrospettiva di tutte le tracce che gli «avvenimenti» di trasformazione naturale hanno depositato nell’ambiente stesso. Occorre così ricostruire una storia individuale dei diversi «luoghi» montani. Occorre una storia «locale» che preceda e costituisca il presupposto di una storia degli insediamenti «territoriali» da parte dell’uomo. Ciò comporta ricerche specifiche sulla storia del clima, sugli andamenti delle glaciazioni, sui ripetuti progressi e regressi della vegetazione, sulle catastrofi ambientali (valanghe, frane, alluvioni, ecc.), e così via. Tutte tali ricerche consentiranno di evidenziare alcuni aspetti della storia delle Alpi come propri di una identità distintiva di tali montagne nei confronti delle altre montagne della Terra. E senza dubbio importante a fini di tale caratterizzazione il rapporto tra le Alpi e le pianure e le città vicine ad esse (tali legami concorrono a differenziare le Alpi da altre regioni nel mondo).

Tuttavia, anche a prescindere da tali legami del mondo alpino con luoghi confinanti ma non alpini, le Alpi presentano una loro identità consistente nella diversa successione di avvenimenti naturali di cui consiste la loro stessa storia. Da questo punto di vista tornano di grande importanza i diversi assetti ambientali a diversi livelli d’altitudine, secondo diversi rapporti di verticalità, secondo diverse risorse di terreno, di acque, di vegetazione, di fauna, ecc. Nel quadro di tale evoluzione ambientale si innesta l’ulteriore processo di differenziazione culturale: la cultura montana si presenta in tal modo come cultura «altra» da quella pianura, imperniata sul rovesciamento dei punti di vista che si intrecciano dall’«alto» e dal «basso». Si istituiscono così tra differenti regioni montane sia nessi di cultura comune, sia cesure e distacchi differenziali. Ciò si registra sia nelle modalità d’alpeggio, sia nelle modalità di nomadismo, sia nella differenziazione di ceti, sia nell’elaborazione della casa, sia nel controllo dei flussi di cultura, ecc. Occorre pertanto sempre muoversi a «passo doppio»: da un lato, rintracciando le affinità, d’altro lato evidenziando le differenze.

Ciò si può fare soltanto riconoscendo - come si è sempre più fatto in questi ultimi anni - un ruolo cruciale alla diversa storia ambientale propria di diversi «luoghi». (Anche problematiche generali che a prima vista possono sembrare comuni, come ad esempio quelle «demografiche» - sui cui effetti nell’evoluzione delle comunità alpine si è recentemente soffermata a lungo la ricerca, ad esempio con P. Viazzo, con E. Rizzi, ecc. - vanno ragionate con pertinenza «locale» e seguite in chiave storico-ricostruttive in tutte le loro vicende «locali»).

ZANZI: PER UNA «ECO-STORIA» DELLE ALPI 43