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Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/173

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142 capo viii

     Femminea stola io non potrei vestire,
     Uomo nascendo, e razza d’uomo.

Aristippo la prese, e accintosi a ballare disse con disinvoltura:

              — Fra l’orgie ancora
     Non ti corrompe il temperante.


Un giorno pregando Dionisio per un amico e nulla ottenendo, cadde a’ piedi di lui. Un tale lo rimproverò, ed egli: Io non ho colpa, ma Dionisio, il quale ha le orecchie ne’ piedi — Mentre soggiornava in Asia, fu preso dal satrapo Artaferne. A chi gli chiese: e qui pure ti confidi? rispose: Quasi una volta, o pazzo, avessi potuto aver più fidanza che ora che sono in procinto di parlare con Artaferne? — Coloro che coltivando le discipline liberali trascurano la filosofia, diceva essere simili ai pretendenti di Penelope: possedere cioè la Melanto, la Polidora e le altre ancelle, e ogni cosa piuttosto che poter isposare la padrona stessa. — Una cosa somigliante si rapporta anche di Aristone: poichè e’ disse, che sceso Ulisse a l’inferno, vide quasi tutti i morti e ragionò con essi, ma la regina stessa non ebbe a contemplare. E però interrogato quali cose si dovessero insegnare agli onesti fanciulli, rispose: Quelle, che fatti uomini, dovranno usare. — A chi gli fece una colpa, ch’e’ andato fosse da Socrate a Dionisio, ma io, rispose, sono ito da Socrate per bisogno d’imparare, da Dionisio per giuoco. — Avendo coll’insegnare guadagnato molto, Socrate gli disse: Dove