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Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/426

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386 capo ii

medesimi Pancreonte e Melanto, e tutto mi assentirono. Do pure ad essi anche la fanticella Somatale. — Tra i fanciulli schiavi lascio liberi tosto, Molone, Cimone e Parmenonte. — Lascio liberi Mane e Callia dopo che saranno rimasti quattr’anni nell’orto, e lavorando insieme, e non avendo colpe. — Delle suppellettili domestiche, diasi a Pompilo quanto a’ curatori parrà conveniente; vendasi il resto. — Do Carione a Demotimo, e Donace a Neleo. — Eubione sia venduto. — Dia Ipparco a Gallino tre mila dramme. — Che se non avessimo veduto Ipparco, prima essere stato utile a Melanto, a Pancreonte ed a noi, e ora aver fatto gran naufragio del suo, avremmo ordinato che quelle cose e’ redasse con Melanto o Pancreonte; ma sapendo che non era facile ad essi lo amministrare insieme e pensando che a questi potea tornare più spediente ricevere alcun che da Ipparco a’ tempi determinati; dia Ipparco a Melanto ed a Pancreonte, per ciascuno, un talento. — Darà Ipparco anche ai curatori, per le spese che sono scritte nel testamento, a’ tempi di ciascuna, ciò che abbisogna per farle. — Regolate queste cose, Ipparco sia libero da ogni impegno verso di me. Che se ad Ipparco provenne in nome mio qualche guadagno a Calcide, questo è d’Ipparco. — Siano esecutori di ciò ch’è scritto nel testamento, Ipparco, Neleo, Stratone, Callino, Demotimo, Callistene, Ctesarco. — Copie del testamento sigillate coll’anello di Teofrasto furono deposte, una presso Egesia d’Ipparco; testimoni, Callippo palleneo. Filomelo euonimeo, Lisandro ibade, Filione alopecense. L’altra ha