Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/49

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solone. 27

sicrate, ne lo impedì. Imperocchè venuto in certa adunanza colla corazza e collo scudo, in quella i disegni di Pisistrato disvelò, e ciò non solo, ma sè essere pronto al riparo, così dicendo: Cittadini ateniesi, io sono e più saggio di alcuni, e più animoso di altri: più saggio di quanti non avvisano le frodi di Pisistrato, più animoso di chi, sapendole, per paura si tace. Ma il senato ch’era tutto per Pisistrato il chiamò pazzo. Il perchè così disse:

     Dimostrerà tra breve a’ cittadini
     La mia pazzia, dimostreralla il vero
     Quando fia giunto in mezzo.


L’elegia sopra la tirannide di Pisistrato, ch’egli avea predetta, era questa:

     Neve apportan le nubi e impetuosa
     Grugnitola; dal fulgido baleno
     Nasce il tuono; rovinan le cittadi
     Sotto ai polenti; e nel servaggio, stolta
     Cade la plebe d’un che solo impera.

IV. E per non obbedire a costui che già imperava, depose le armi innanzi al palazzo dello stratego, e detto: O patria, io ti ho soccorso colle parole e coi fatti, navigò per l’Egitto ed a Cipro, e venne da Creso. Quando interrogato da lui: Chi a te pare felice? Tello ateniese, rispose, e Cleobi e Bitone, col resto che tutti sanno. — Raccontano alcuni che ornatosi, Creso, di ogni maniera, e collocatosi sul trono lo interrogasse: s’egli mai spettacolo più bello veduto avesse? e ch’e’ gli di-