Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/69

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pittaco. 43

La terra — Che infedele? Il mare — E diceva: Gli uomini prudenti, prima che nascano le avversità, provvedere perchè non nascano; i forti, quando sono nate, convenevolmente accoglierleNon dir prima ciò che vuoi fare: imperciocchè, non riuscendo, si riderà di teNon oltraggiare alla sventura, se hai timore dell’ira divinaRestituisci il deposito ricevutoNon dir male dell’amico; ma neppure del nemicoEsercita la pietàAma la temperanzaSia teco la verità; la fede; l’esperienza; la sagacità; l’amicizia; l’accuratezza

V. Tra i versi di lui vanno celebrati in particolare questi:

     Aver teco dei l’arco e la faretra
     Serbatrice di strali, allorchè ad uomo
     T’accompagni malvagio. Il vero mai
     Per quella bocca non parlò sua lingua,
     Se duplice pensiero il petto asconde.

Compose anche un’elegia di seicento versi, ed una prosa sulle leggi, indiritta a’ cittadini.

VI. Fiorì intorno alla quarantesima seconda olimpiade, e l’anno terzo della cinquantesima seconda olimpiade, sotto Aristomene, morì già vecchio, avendo campato oltre i settant’anni. Sul suo monumento fu scritto così:

     Con cittadine lagrime
     Lesbo, cui generò, depose il figlio,
     O Pittaco, d’Irradio in questa tomba.

L’apotegma di lui è: conosci il tempo.