Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/208

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pitagora. 189

modo ella va intorno vagando, e in qualunque pianta e animale perviene, e ciò che l’anima patisce all’inferno e il resto di quanto ella sostiene; e che dopo la morte di Euforbo l’anima sua trapassò in Ermotimo, il quale, volendo di ciò pur esso dar prova, tornò a Brauchidi, ed entrato nel sacrato di Apollo, mostrò lo scudo appesovi da Menelao, dicendo che questi, quando rinavigò da Troja, appeso aveva in voto ad Apollo lo scudo già putrefatto; però soltanto rimanervi la maschera d’avorio; che in seguito, morto Ermotimo, era diventato Pirro, un pescatore delio; che ogni cosa passata ricordavasi, come prima era stato Etalide, poscia Euforbo, dopo Ermotimo, quindi Pirro; e che, morto Pirro, era diventato Pitagora; e che di tutte le cose dette aveva memoria.

V. Affermano alcuni nè uno scritto aver lasciato Pitagora; ma s’ingannano; poichè Eraclide il fisico, quasi mettendo un grido, dice: Pitagora di Mnesarco s’esercitò più ch’altr’uomo nella storia; e scegliendo tra gli scritti di quella, formò la propria sapienza, molta perizia e mal’arte. E così s’esprime costui, perchè Pitagora incominciò il suo trattato di fisica dicendo: No, per l’aria ch’io respiro; no, per l’acqua ch’io bevo, non comporterò il biasimo di questa scienza. — Tre opere scrisse Pitagora, Dell’educazione, Della politica, Della fisica; ma ciò che si reca come di Pitagora è di Liside, pitagorico tarentino, che fuggì a Tebe, e fu precettore di Epaminonda. Racconta Eraclide figlio di Serapione, ne’ Epitome di Sozione, ch’esso aveva scritto