Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/396

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epicuro. 369

della mente, sia con qualunque maniera di criterio. Stessa cosa anche le passioni, onde abbiamo la sospensione e l’incertezza con cui contrassegnarle. Queste cose comprese, sono ora da vedersi le incerte, e prima, che nulla deriva da ciò che non esiste; poichè tutto nascerebbe da tutto, nè vi sarebbe mestieri di semi. Che se quello che perì fosse svanito in ciò che non è, tutte le cose si sarebbero distrutte non essendovene alcuna in cui potessero sciogliersi. Ora anche l’universo fu sempre tale quale è adesso, e tale sempre sarà, non essendovi cosa in cui si possa mutare, poichè, eccetto l’universo, non v’è nulla in cui entrando facesse la mutazione (Ma questo dice anche nel Gran compendio, al principio; e nel primo Della natura). — L’universo è un corpo e i corpi, quali che siano, sono attestati in ognuno dal senso istesso, secondo il quale di necessità dobbiamo col ragionamento congetturare l’incerto (come è detto prima). Se non vi fosse quello che vuoto e luogo e natura intangibile denominiamo, i corpi non avrebbero nè dove esistere, nè dove muoversi, siccome appare che si muovano. Nulla fuori di questo possiamo immaginare nè comprensivamente, nè analogicamente alle cose comprensibili, atteso che si prende per tutte le nature e non come ciò che dicesi qualità o accidenti delle medesime. (Ma e questo stesso anche scrive, e nel primo Della natura, e nel decimo quatto e decimo quinto, e nel grande Epitome). Dei corpi ve n’ha alcuni che sono mescolanze, alcuni da cui le mescolanze si sono formate. E questi sono indivisibili ed