Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/42

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30 capo ii

fosse d’indole buonissima ed ottimo per costumi, rispose: Che ha dunque bisogno di me? — Quelli che dicono cose buone e poi non le fanno, affermava non differire dalla cetra, la quale del pari nè ode, nè ha sentimento. — Entrava in teatro a rovescio di que’ che uscivano. Interrogato del perchè? Questo, rispose, mi studio di fare tutta la vita. — Vedendo una volta un giovine infeminirsi, Non ti vergogni, disse, di stimarti peggiore di quel che ti abbia stimato natura? poichè essa ti fece uomo, e tu sfolti te stesso ad essere donna. — Vedendo uno sciocco accordare un salterio, Non ti vergogni, disse, che accomodando i suoni col legno, non accordi poi l’anima alla vita? — Ad uno che diceva, io non sono adatto alla filosofia, rispose: Perchè dunque vivi se non ti dai pensiero di viver bene? — Ad uno che disprezzava il padre, Non ti vergogni, disse, di disprezzare quello dal quale ti provenne ciò per cui tu apprezzi tanto te stesso? — Vedendo un bel giovine parlare bruttamente, Non ti vergogni disse, di tirare da un fodero d’avorio un coltello di piombo? — Lo biasimavano che bevesse alla taverna, E nella barbieria, disse, mi faccio tondere. — Lo biasimavano che da Antipatro avesse ricevuto un piccol mantello; disse:

                  — Non vanno
     L’incliti doni degli iddii rejetti!


— Ad uno che lo urtò con un trave, e dopo gli disse, Guardati; percotendolo col bastone, disse, Guardati. — Ad uno che pregava istantemente una cortigiana, disse: