Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/434

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epicuro. 407

che ogni piacere eleggiamo, ma qualche volta trasandiamo di molti piaceri, allorchè da questi ci deriva maggior fastidio; anzi molti dolori stimiamo da più che il piacere, perchè il piacere in noi succede più grande, quando più lungo tempo abbiamo sostenuto i dolori. Bene adunque ogni piacere per aver la propria natura, ma non da eleggersi ognuno; siccome male anche tutti i dolori, ma non tutti per natura da sempre fuggirsi. Laonde tutte queste cose convien giudicare commisurando ed osservando ciò ch’è utile e ciò che inutile; perchè noi talvolta usiamo il bene come il male, ed è converso il male come il bene. Anche la frugalità noi stimiamo un gran bene, non affinchè ci serviamo assolutamente di poche cose, ma perchè se non abbiamo le molte, ci serviam delle poche, persuasi davvero che della suntuosità più giocondamente godono quelli che pochissimo di essa hanno bisogno; e che tutto quanto è naturale è facile da procacciarsi, ma da procacciarsi difficile il vano. E i cibi semplici recano egual piacere di un suntuoso nutrimento, quando si tolga per mezzo dell’astinenza ciò che addolora: e il pane e l’acqua recano sommo piacere quando ne prenda uno che ha bisogno. L’abituarsi adunque ai semplici e non suntuosi modi del vivere ed è il complemento della salute e rende l’uomo attivo agli usi necessari della vita: e l’accostarsi per intervalli alle suntuosità meglio ci dispone e rende intrepidi contro la fortuna. Il perche quando noi diciamo esser fine il piacere, non intendiamo i piaceri degli scialacquatori, e que’ che consistono in go-