Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/97

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zenone. 83

([testo greco]), e componesse intorno a quello un trattato; e mutasse i versi d’Esiodo così:

     Ottimo al tutto è colui che si affida
     A’ ben parlanti; ma pur buono è quello
     Che da sè stesso conosce ogni cosa.


Essere perciò migliore chi può ascoltare quello che ben si dice, ed usarne, di chi per sè ogni cosa medita. Poichè di costui è proprio solo il comprendere; ma in quello che si lascia ben persuadere va unita anche la pratica.

XXII. Interrogato, perchè essendo così austero, diveniva gaio ne’ simposj? rispose: Anche i lupini che sono amari indolciscono bagnandoli. Ecatone nel secondo delle Crie afferma del pari, ch’era troppo indulgente per simili compagnie. Era solito dire tornar meglio sdrucciolare co’ piedi che colla lingua. — Non essere certo poca cosa ciò che è quasi bene. Questo si attribuisce da altri a Socrate.

XXIII. Era pazientissimo e frugalissimo, usando cibi che non si cuocono, e mantello leggiero; di modo che si diceva sul conto suo:

     Non domano costui nè l’aspro verno,
     Nè la dirotta pioggia; non la fiamma
     Del sole, o il crudo morbo, o quanto in prezzo
     Tiene il volgar; ma infaticabil sempre
     Tende alla sapienza e notte e giorno.

XXIV. Per altro i comici non sapevano di farsi