Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/90

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IL PRIMO LIBRO

bre occupati, si come ne tempi passati molti se ne sono ritrovati? So che ci adiraremo di buona sorte contra il cielo, so che biastemeremo Iddio, et malediremo tutta la sua corte, Doveremo per certo ralegrarsi, et non tristarsi, dell'infirmita, poi che l'Apostolo dice, d'esser piu forte quando egli e piu infermo, non e mai l'infermo gonfiato dalla superbia, ne combattuto dalla lussuria, non lo molesta mai l'avaritia, non lafflige l'invidia, non lo fa alterato l'ira, non lo soggioga la gola, non lo ritarda dal ben oprare l'accidia, ne lo punge l'ambitione. Deh volesse Iddio che tali fussimo sani, quali promettiammo d'essere quando infermi siamo. Legesi, che per esser il beatissimo santo Basilio debole et in tutto mal sano, egli apprendesse ne scrittori di medicina tanto, che si poteva aguagliare a qualuque piu dotto fisico di quella eta, il che ho io anche veduto ne miei tempi a piu d'un paio essere accaduto, tacero e nomi di quelli, per non potergli mentovare senza qualche parte di mia gloria. Ho letto, che essendo platone di natura sana et robusta, elegesse un luogo paludoso, un'aria torbida, et un celo di folta nebbia stampato per divenire infermo, et cosi rafrenare i strabocchevoli empiti della carne, dalla quale si sentiva troppo stimolare, non po veramente in alcuno, fiorir l'ingegno, se la carne non sfiorisce et spolpisi. Io per me, tutte le volte che mi ricordo della debolezza del filo, a cui, si attiene questa dolente et misera mia vita, tut