Pagina:Lapidario Romano dei Musei Civici di Modena.djvu/7

Da Wikisource.

Ben sappiamo come la prima ricerca, intenzionale, di pietre e marmi di quel passato che ne aveva visto Modena, Mutina, florida colonia romana sull’Emilia, riccamente dotata debba esser fatta risalire a Lanfranco; come fosse il grandioso cantiere della Cattedrale a beneficiarne; come quella nonostante tutto benemerita spoliazione continuasse ad opera dei massari del Duomo, che individuavano in tal modo anche a Modena nella chiesa cattedrale il luogo di concentrazione dei materiali di pregio dell’antichità.

Da altamente motivata e devota che era stata all’origine, l’esplorazione si sarebbe fatta avida e persino gretta nei secoli successivi: recuperi d’ogni genere, nuove vestigia di sepolture monumentali, ma anche resti d’insediamento, al cui ritrovamento erano occasione soprattutto i lavori per le nuove mura, avrebbero continuato ad arricchire il Duomo, il Palazzo Comunale; ma ne avrebbe beneficiato anche il dotto collezionista, mentre i cavatori e i loro clienti ne traevano lucro, attivando un mercato vile delle antichità scoperte.

Bisognerà giungere agli inizi dell’Ottocento per trovare finalmente conservate in una sede istituzionale le memorie monumentali della città e del territorio. Si fonderà allora il Museo Lapidario Estense; si costituirà, ispirata all’esempio della Corte di Parma e dei suoi scavi a Veleia, una Società per l’esplorazione della

città antica. Sullo scorcio del secolo sarà inoltre fondato il Museo Civico.

La rivoluzione nei metodi d’approccio al terreno è relativamente recente. Passato attraverso gli sterri, la distruzione selvaggia di interi quartieri sepolti e‘ il secolo Ventesimo che approda allo scavo stratigrafico e all’archeologia urbana; che intuisce l’esercizio di una corretta azione di tutela di un sito archeologico doverne precedere l’esplorazione.

A Modena il mutamento è sottolineato dalla mostra del 1989,”Modena dalle origini all’anno Mille"

Lo illustra ora con un suggestivo allestimento il Lapidario Romano dei Musei Civici, il terzo Lapidario mutinense, che affiancherà l’Estense, con i monumenti funerari, le testimonianze epigrafiche e altre testimonianze archeologiche rimessi in luce nella seconda metà del Novecento.

Tutela, ricerca, momento espositivo e didattico appaiono così congiunti anche in questa nuova iniziativa, al cui compimento, mossi dalle stesse istanze, da comuni convinzioni, Soprintendenza ed Ente locale hanno, come sempre, lavorato insieme.

Febbraio 2002

Mirella Marini Calvani
Soprintendente per i Beni Archeologici
dell’Emilia Romagna