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Capitolo II.


Valicato l’atrio, mettiamo riverenti il piede nel tempio della divinità. Eccoci ad essa di fronte. Sublime è la definizione della sapienza, che può dirsi la divinità di questo magnifico tempio. Essa è conoscimento, ma verace. Comprende tutto lo scibile. Fra le cose divine e naturali, assegna un posto d’onore all’uomo, secondo l’insegnamento cristiano. Essa è fuori dell’uomo, sopra di esso, prima di esso. Si sforza notte e giorno con lena affannata di comprenderne sempre più «ma tutta non la può l’uomo sapere.» Solo in Dio potrà comprenderla tutta. Sarà allora beato.

Sono creazione della Bibbia codeste idee sublimi, ignote ai Greci, ed agli Italici. In essa proclama agli uomini la Sapienza: «Io fui creata a principio, innanzi del tempo, nè verrò meno giammai. Io era con Dio, tutto ordinando, quand’egli creava. Sono con esso, che crea tutto dì conservando. Beato, chi veglia instancabile alla mia soglia. Chi mi trova, e possede, sarà beato per sempre in Dio ( Prov. VIII).»

Brunetto chiama i filosofi, figliuoli di filosofia, imitando la nobilissima frase della Bibbia, che ha i figliuoli di Dio, della luce, e simili1.



  1. Il Sorio dice, che Brunetto ignora il greco, perchè qui dice figli di sapienza i filosofi, quasi volesse dire per etimologia filii sapientiae: ma nel Fiori dei filosofi e molti