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Capitolo Vili.

Mese ci dà questa sublime descrizione dell’aquila, che addestra al volo i suoi figliuoli. Ricorda i beneficii fatti da Dio al suo popolo: «Circumduxit eum, et docuit, et custodivit quasi pupillam oculi sui. Sicut aquila provocans ad volandum pullos suos, et super eos volitans, expandit alas suas, et assumpsit eum, atque ()ortavit in humerissuis. (Deuieronom. XXXII).»

È antica la credenza, ch’ella riconosca i suoi parti se guardino impunemente il sole. Vi allude r Ariosto in un sonetto, attribuito da alcuno all’Accolti:

Perchè
simili siano e degli artigli
E del capo e del petto e delle piume,
Se manca in lor la perfezion del lume
Riconoscer non vuol l’aquila i figli.

Dice Brunetto: «Eie vole en si haut vers la chalor don soleil, que plumes ardent, avec tote l’oscurtè de ses jaus.» Bono traduce: Le scorze degli occhi. Volle dire le palpebre. Si noti, che nel Veneto si chiamano scuri, le imposte delle finestre, che fanno ciò che le palpebre agli occhi; cioè ì’oscurtè de jaus.