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sui falconi: cioè a parlare della lialconeria, arte di

allevare ed ammaestrare questi uccelli alla caccia, com’era generale costume a’ suoi giorni.

Ctesia ed Aristotele affermano, che questa caccia era usata nella Tracia, e nell’India. È incerto se in Grecia. Non era ignota ai Romani, per quanto si raccoglie da Marziale, da Apuleio, e da Giulio Firmico. Pare che dall’Asia passasse all’Europa. All’epoca di Carlomagno questa caccia si usava in tutta Europa. L’imperatore Enrico l’uccellatore, ebbe questo soprannome, perchè era intento a tal caccia quando gli fu recata la notizia della sua elezione all’impero. Marco Polo nel Milione descrive prolissamente questa caccia usata presso il gran signore dei Tartari. Sembra che in Italia l’introducessero i Longobardi. Federico II non lasciavala pure in mezzo ai travagli delle guerre. Scrisse un trattato di falconeria, commentato da Manfredi suo figliuolo: (Reliqua librorwìi Friderici II de arte venandi cuni avibus. Lipsiae 1788, voi. 2.) Le nostre cronache ricordano i falconi di Federigo, e di Carlo d’Angiò. Il titolo di gran falconiere, o gran cacciatore, fu usato per molto tempo presso molte corti. La falconeria vige ancora in Persia, ed in China.

Della falconeria tratta distesamente il Cibrario neir opera: Della ecoìiomia xolitica del medio evo. Nella dispensa 140 delle Curiosità Letterarie, è II libico delle nature degli uccelli fatto per lo l’Danchi, tento antico di lingua messo in luce da F. Zanthr’nii.