Pagina:Laude (Roma 1910).djvu/49

Da Wikisource.

LAVDA .XXI. 27

Quando en assembiamento       bella donna uedìa,
     faceagli sguardamento       & cenni per mastrìa;20
     se non gli era en talento,       uantando me ne gia;
     da me non remanìa       che non hauesse descionore.
Per la mala riccheza       ch’a sto mondo agio auuta,
     so uisso en tanta alteza,       l’alma n’agio perduta;24
     la mala soperchianza,       com’è da me partuta,
     siramme meretuta       de foco & d’encendore.
La uita non me basta       a farne penetenza,
     ché la morte m’adasta       a darne la sentenza;28
     se tu, Vergene casta,       non acatte indulgenza,
     l’anema en perdenza       girà senza tenore.
Regina encoronata,       mamma del dolce figlio,
     tu sè nostra aduocata;       ueramente assimiglio32
     per le nostre peccata       che non giamo en exiglio;
     manda lo tuo consiglio,       donna de gran ualore.


De quello che domanda perdonanza da poi la morte.          .xxi.


     O Christo pietoso,       perdona el mio peccato,
     ch’a quella son menato       che non posso più mucciare.
Già non posso più mucciare,       ché la morte m’à ’battuto;
     tolto m’à el sollazare       d’esto mondo oue son suto;4
     non ho potuto altro fare       son denante a te uenuto;
     èlme oporto el tuo aiuto       ché l nemico uolme accusare.
Non è tempo auer pietanza       po la morte del peccato;
     facta te fo recordanza       che tu fusse confessato;8
     non uoleste hauer leanza       en quel che te fo comandato,
     la iustitia ha l principato       che te uole examinare.
Lo nemico sì cce uene       a questa entenzagione:
     o Signor, pregote bene       che m’entende a ragione;12
     che a questo homo s’auene       ch’io lo mene en pregione,
     s’io prouo la cagione       co el se dé condennare.
El Signor che è statera,       responde a questo dicto:
     la proua, se ella è uera,       entenderolla a districto;16
     ché onne bono homo spera       ch’io sia uerace & dricto;
     se ài el suo facto scricto       or ne di’ ciò che te pare.
Signore, tu l’ài creato       come fo tuo piacemento;
     de gratie l’ài ornato,       desteli descernemento;20
     nulla cosa ha obseruato       de lo tuo comandamento;
     a cui fece el seruemento       lo ne deue meritare.