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Pagina:Laude (Roma 1910).djvu/52

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30 JACOPONE DA TODI

Compar, lo contamento       ch’ài facto en parlamento,32
     mitigame el dolore       ch’aio portato en core;
     teneame lo più afflicto,       nel mondo derelicto,
     & cento più hai peio,       ch’ài mal senza remeio,
     ché passa onne malitia       ria femena en nequitia;36
     non t’encresca contare,       ché me puoi resanare,
     le parole dogliose       più che uenenose
     che questa tua nuora dice,       che Dio la maledice!
Compar, puoi recordare,       sì como a me pare,40
     donzello en bel seruire       & ornato caualìere,
     bello & costumato;       or so cusì auilato
     da una mercenaia       figlia de tauernaia;
     con la lengua demostra       che m’à uinto de giostra;44
     facto à cantutio       de lo mio reputio:
O casa tribulata,       che Dio l’à bandonata!
     lo uecchio desensato       en te si è anidato;
     strouele, obprobrioso,       brutto, puteglioso,48
     con gli occhi reguardosi,       rosci & caccolosi,
     palpetra reuersate,       paiono ensanguenate;
     lo naso sempre cola       como acqua de mola;
     como porci sannati       gli denti son scalzati;52
     con quelle roscie gengìe,       che paiono pur sanguìe,
     chi rider lo uedesse,       a pena che non moresse
     con quello guardo orribile       & la faccia terribile.
     ma pur lo gran fetore       che de la bocca esce fore,56
     la puza stermenata       la terra n’è nfermata;
     la sarocchiosa tossa,       chi lo uede contossa;
     con lo sputo fetente       che conturba la gente;
     róina secca serrata       che pare encotecata;60
     como lo can ch’à l raspo,       le man mena co naspo;
     lo uecchio delombato,       como arco piegato,
     & molte altre parole       che l mio cor dir non uole.
Compar, molto mi doglio       pensando el tuo cordoglio;64
     como l poi soffrire       tanta uergogna udire?
     marauiglia è che l core       non t’è crepato fore.
Compar, non te dolire       ché l mal se dé punire.
     commise lo peccato,       ben è ch’io sia pagato;68
     ch’abbi tanta alegreza       de la stolta belleza.
     ma non è maraueglia       s’io turbo mia fameglia;
     marauiglia m’ò facto,       pensando d’esto tracto,
     co cane scortecato       non me gett’al fossato,72
     uedendome sì orribele,       puzulente & spiaceuele.
O gente che amate       en belleza delectate,
     uenite a contemplare,       ché ue porrà giouare!
     mirate en questo specchio       de me desfacto uechio;76