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38 JACOPONE DA TODI

     molto è pazo chi non prouede
     en la sua uita la sua finitura.
Or chiama li parenti che te uenga aiutare
     & guarden dai uermi che te sto a deuorare;72
     ma fuor più uiuacce a uenirte a spogliare,
     partierse el poder & la sua mantatura.
No i posso chiamare, ché so enchamato;
     ma falli uenire a ueder mio mercato!76
     che me ueggia giacer colui ch’è adagiato
     a comparar terra & far gran chiusura.
Or me contempla, o homo mondano,
     mentre èi nel mondo, non esser pur uano;80
     pènsate, folle, che a mano a mano
     tu serai messo en grande strectura.


Como Christo se lamenta dell’homo peccatore.          .xxvi.


     HOmo, de te me lamento,       che me uai pur fugendo
     & io te uoglio salvare.
Homo, per te saluare       & per menarte a la uia,
     carne sì uolse pigliare       de la uergene Maria;4
     ma non me ce ual cortesìa,       tant’è la sconoscenza
     che uer de me uol mostrare.
Se io te fosse signore       crudele & molto uillano,
     hauerìa tua scusa ualore       che me fugisse de mano;8
     ma sempre uol esser ensano,       ché l ben che io t’ò facto,
     non uole meditare.
Le creature ho create       che te degiano seruire,
     & como sono ordenate       elle fon loro deuere;12
     àine receuuto el piacere,       & de me che l’ò create
     non te uoli recordare.
Como hom ch’ama lo figlio       & quel è mal enuiato,
     menacciagli & dà consiglio       che da mal sia mendato,16
     de lo nferno t’ò menacciato       & gloria t’ò empromessa,
     se a me te uoi tornare.
Figlio, non gir pur fugenno!       tanto t’ò gito encalzanno,
     che darte uoglio el mio renno       & trarte fuor d’onne danno;20
     & uogliote remetter el banno       nel quale sei caduto,
     ché non ài donde el pagare.
Non gire più fugendo,       o dulcissimo frate!
     ché tanto t’ò gito cheendo       che me ce manda el mio pate;24
     retorna en caritate,       ché tutta la corte t’aspecta,
     ché con noi te degi alegrare.