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LIBRO DECIMOTTAVO 201

agiatezze, ripigliammo il cammino: e tornati più rapidamente[An. dell’E.V. 359] che non avremmo sperato, per luoghi pure deserti e solinghi, secondochè ci animava la necessità, fummo cagione che i nostri tuttora sospesi pigliassero finalmente quel partito che pareva il migliore, avendo ad essi manifestato senza alcun velo avere i Re già superato uno dei ponti navali. Furono quindi subitamente spediti annunzii a cavallo a Cassiano duca della Mesopotamia, non meno che ad Eufronio allora governatore della provincia, affinchè eccitassero i contadini di colà intorno a trasportarsi colle famiglie e co’ loro armenti in luoghi più sicuri, e gli abitanti di Carra ad abbandonare quella città circondata da muri mal fermi: e fu imposto eziandio che si mettesse il fuoco per tutti i campi, affinchè non restasse alcun pascolo ai sopravvegnenti nemici. Quegli ordini furono senza indugio compiuti; ed appiccato il fuoco per tutto, fu cosi grande la violenza di quell’elemento, che abbruciò tutte le biade già biondeggianti per le turgide spiche, e le erbe alcun poco cresciute; per modo che dalle spiagge del Tigri sino all’Eufrate nulla più si vedeva di verde. In quella occasione rimasero abbruciate parecchie bestie feroci, e soprattutto molti leoni che sono d’immane ferocia in que’ luoghi, e soliti ad essere o distrutti od accecati nel modo seguente. Fra i canneti de’ fiumi e le macchie della Mesopotamia si aggirano innumerevoli leoni, innocui sempre nella stagione del verno per la incredibile mollezza del clima: ma quando poi la stagione s’infuoca ai raggi del sole in quella regione sì calda, sono agitati ad un tempo e dalla vampa del pianeta e da grandi tafani ch’empiono a sciami a sciami quelle terre. E perchè quegl’insetti si drizzano agli occhi de’ leoni come alle parti che veggono umide e rilucenti, e piantandosi sul-