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LIBRO DECIMOTTAVO 203

spazio di cento miglia in cui un’arsura continua distrugge[An. dell’E.V. 359] ogni cosa, nè v’ha acqua se non poca ne’ pozzi, stettero lungamente dubbiosi pensando al partito che meglio dovessero pigliare: e già confidando nella vigoria dei soldati si apparecchiavano d’attraversare que’ luoghi, allorchè dalla relazione di un sicuro esploratore riseppero che l’Eufrate, gonfiato dalle nevi disciolte, allagava gran paese coi flutti, e non poteva guadarsi. Di che vedendo uscir vano contro ogni loro speranza quello che avevano divisato, si deliberarono di seguitare ciò che l’occasione lor presentasse di meglio: e bandito un concilio secondochè esigeva l’urgente condizione delle cose, Antonino essendo richiesto del parer suo propose che si piegasse a destra il viaggio, e con lungo circuito attraversando, lui condottiero, ampie regioni feraci di tutto quanto può bisognare, nè toccate finor dal nemico, si occupassero i due forti Bargala e Laudia: dove il fiume ancor picciolo ed angusto, siccome vicino all’origine sua, nè ingrossato per anco da acque straniere, potrebbesi facilmente passare a guado. Sentite queste cose, e lodatone Antonino, fu incaricato di condurre l’esercito per que’ luoghi a lui noti, e tutte le schiere seguitarono lui, deviando dall’impreso cammino.

VIII. E noi avendo avuta sicura notizia di lutto questo ci disponemmo d’andare a gran fretta sopra Samosata, affinchè valicato ivi il fiume e tagliati i ponti appresso Zeugma e Capersana, se la sorte ci favorisse alcun poco, potessimo impedire l’impeto del nemico. Ma intervenne un caso atroce, un vituperio degno d’esser sepolto nel più profondo silenzio. Perocchè due schiere di cavalleria in numero di circa settecento, mandate poc’anzi dall’Illiria in soccorso della Mesopotamia, come gente fiacca e paurosa, essendo messe a guardia