Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/178

Da Wikisource.
170 novelle indiane di visnusarma

s’accorgevano che egli riempiva il suo nido per poi bruciarli tutti. Ora, giustamente si suol dire:


Fa suo amico il suo nemico,
Odia e offende chi gli è amico,
Stima lecito l’illecito,


Disonesti gii atti onesti,
L’uom colpito dai Celesti.


Come adunque sulla porta della caverna, col pretesto di farsi il nido, si fu levato un mucchio di legni, quando, allo spuntar del sole, i gufi furon diventati tutti ciechi, Stiragivin venne in gran fretta e disse a Megavarna: O signore, la caverna dei gufi ornai si può incendiare. Tu perciò, venendo cona tua gente, prendendo con te un fuscellino di legno acceso cacciato nel mio nido alla porta della caverna acciocché tutti i nemici vi muoiano miseramente come nell’inferno Cumbipaca. — Ciò udendo, Megavarna tutto contento rispose: Raccontaci, o padre, la tua avventura. Dopo lungo tempo oggi soltanto ti sei fatto vedere. — E l’altro disse: Figlio mio, non è questo il tempo di far racconti, perchè qualche spia del nemico potrebbe fargli assapere la mia venuta, ed egli, il cieco, risaputala, fuggirsene altrove. Affrettiamoci adunque, perchè è stato detto:


Se alcun s’indugia
In tutte l’opre
Ch’egli far de’
Con mente presta,
Dubbio non è


Che in suo disdegno
Impedimento
A quel suo intento
Il cielo appresta.


E poi:


Di quest’opera e di quella
Che buon frutto dar dovrìa,
Solo il tempo coglierà,


Quando sùbito fatta più non sia,
Tutto il frutto ch’essa dà.


Quando tu sarai tornato a casa dopo aver sterminati i nemici, con tutta pace io ti racconterò per disteso ogni cosa. — Megavarna allora, avendo udito queste parole, con tutta la sua gente, presosi con la punta del becco un fuscellino acceso, se ne venne alla porta della caverna e gettò quel fuscellino nel nido di Stiragivin. Allora, tutti quei gufi, ricordandosi le parole di Ractacsa, non potendo uscire perchè la porta era sbarrata, dentro la caverna ebbero il supplizio dell’inferno Cumbipaca e morirono. Così, avendo sterminati i suoi nemici, Megavarna si ritornò di nuovo alla sua fortezza dell’albero di fico. Sedutosi allora sulla sedia regia, in mezzo all’assemblea de’ suoi, tutto gioioso dell’animo, interrogò Stiragivin: Padre mio, essendo tu andato fra i nemici, come bai tu passato il tempo? In ciò sta ora la nostra curiosità. Raccontaci adunque, perchè


Ogni gente di buon conto
In un fuoco fiammeggiante
Preferisce di cader


Anzi che del suo nemico,
Fosse pure un solo istante,
A contatto rimaner. —


Avendo udito ciò, Stiragivin disse: Nella speranza del buon frutto avvenire, il ministro non deve sentire alcun disagio. Perchè è stato detto: