Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/219

Da Wikisource.

libro quinto 211

tanto s’indugia il mio compagno? — , e seguitandone le pedate nell’intento pur di ricercarlo, si pose in via, quand’ecco, come ebbe percorso certo tratto di strada, vide il compagno suo che aveva tutta insanguinata, la persona ed era crucciato dal dolore di una ruota acuta che gli si girava sulla testa. Allora gli corse da presso e lagrimando gli domandò: Oh amico! che è mai ciò? — L’altro rispose: È voler del destino! — Il negromante dell’oro disse: Raccontami adunque come questo sia avvenuto. — E l’altro, così interrogato, gli raccontò tutta la storia della ruota. Come l’ebbe udita, quello dell’oro, rimproverandolo, gli disse: Ecco, tu, ammonito da me più d’una volta, non hai dato ascolto alle mie parole. Che fare adunque? Non si deve essere soverchiamente avidi. Anche il sapiente, anche il nobile manca talvolta di avvedutezza. Intanto bene a proposito si suol dire:


Meglio accortezza
Che sapïenza;
Avvedutezza
Vince scïenza.


Chi non è accorto
Va in perdizione
Come chi un tempo
Foggiò un leone. —


L’uom dalla ruota domandò: Come ciò? — Il negromante dell’oro incominciò a raccontare:

Racconto. — Abitavano una volta in un certo paese quattro figli di un Bramino che molto si amavano fra loro. Tre di essi avevano studiato ogni ramo della scienza, ma non avevano alcuna avvedutezza, laddove l’altro era avverso allo studio, ma era furbo. Un giorno, trovandosi insieme, così si consigliarono: Che merito ha il sapere se non si fa alcun guadagno andando in paese straniero per dar piacere ai re? Andiamo adunque tutti e quattro in un altro paese. — Fatto cotesto, mentre andavano per una via, il più vecchio disse: Ohé! il quarto di noi è ignorante, ma è furbo. Senza il sapere e con la sola furberia, nessun favore si ottiene dai re. Io perciò non gli darò alcuna parte del mio guadagno, ed egli faccia ritorno e vada a casa. — Il secondo allora disse: Oh! tu, troppo furbo! tu non hai sapienza alcuna! Perciò, ritorna a casa! — Il terzo disse: Oh! non è bene fare in questa maniera! perché noi fino dalla prima fanciullezza, abbiamo giocato insieme. Perciò egli pure venga con noi. Un uomo di gran valore deve esser partecipe del guadagno che noi faremo. — Dopo ciò, mentre essi andavano per la loro via, furon loro vedute le ossa d’un leone morto. Uno di loro allora disse: Orsù! si dia un saggio della sapienza che già abbiamo appresa! Qui sta un animale morto. Col potere di tutta la nostra scienza facciamolo rivivere. — Un altro allora disse: Io so rimettere insieme le ossa. — Il secondo disse: Io rifarò la pelle, le carni e il sangue. — Il terzo disse: Io gli renderò la vita. — Così, da uno ne furon raccolte le ossa; dal secondo furon resi al leone la pelle, le carni e il sangue; ma mentre il terzo si avanzava per rendergli la vita, ne fu impedito dal furbo che gli disse: Questo è un leone. Se tu gli renderai la vita, egli ucciderà tutti noi. — Ma quegli rispose: Oibò, sciocco! Io non