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Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/238

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230 novelle indiane di visnusarma

bisaccia e ingoiò con avidità il foglio pieno di canfora che v’era dentro. Il granchio allora, ingoiato e venutogli nella strozza, lo soffocò. Il Bramino, come il sonno cessò, si gurdo attorno, ed ecco che vicino a lui, dopo che aveva lacerato la tela della bisaccia e ingoiato il foglio di canfora, stava morto il nero serpente, e presso il serpente, il granchio. Al vederlo, egli pensò: Oh! mia madre ha pur detto il vero, cioè che si deve prendere un altro per compagno e che non si deve mai andar soli in viaggio! Ecco, perchè io con mente fiduciosa ho seguito il suo consiglio, questo granchio mi ha salvato dall’essere ucciso da un serpente. Perciò si suol dire bene a proposito:


Scema la luna
Che sola sta,
Ma cresce il mare
Allor che al sole
Congiunta va.
Altri compagni
Son nel malanno,
Altri dei ricchi


La sorte lieta
Sfruttando vanno1.
In medici e maestri,
In preti ed in stregoni,
In santi, in preci, in rive2,
Qual tu fiducia poni,
Tal ne verrà dipoi
Fortuna ai fatti tuoi. —


Così dicendo, sollecitamente se n’andò. Perciò io dico:


S’anche dappoco,
Dà sicurtà
Ogni compagno
Che nosco va.
Un vïandante


Da una cerasta
Salvo restò
Sol perchè un granchio
L’Accompagnò. —


Quand’ebbe inteso cotesto, l’uomo dell’oro, fatto all’altro un saluto, ritornò a casa.


Così nel Panciatantra, opera del felice Visnusarma, è finito il libro quinto che piglia il nome dalle opere fatte inconsideratamente.


  1. Se pure così va inteso il testo. Il senso, tuttavia, è tale, e lo conferma il Commento indiano, che pure ha una lezione diversa e, come pare, erronea.
  2. Le sacre rive dei fiumi, meta di devoti pellegrinaggi.